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Laura Corre. Sotto pelle

 

 Sul verso di un suo famoso e discusso disegno, noto con il nome di Angelo incarnato, Leonardo riportava tre celebri parole scritte in lingua greca – “astrapen, bronten, ceraunobolian” ossia il lampo, il tuono e il temporale – tratte dal racconto di Plinio nel Naturalis Historia relativo alla capacità di Apelle di rappresentare l’invisibile in pittura. Sul recto era, invece, raffigurata una creatura angelica sfacciatamente itifallica ma immortalata nelle seducenti sembianze e nella fissità gestuale del San Giovanni Battista del Louvre. La bellezza sfrontata ma magnetica del recto veniva nobilitata sul verso da queste tre parole che erano da riferire al parallelo tra lo scoppio inarrestabile di un temporale e lo scoppio della passione amorosa. In senso lato, tuttavia, queste parole, oltre a suonare se lette ad alta voce come una sorta di incantesimo, sono a lui strettamente funzionali poiché grazie a queste egli si auto-celebrava come un novello Apelle perché capace di raffigurare l’invisibile – o meglio, ciò che non si può rappresentare – in gara diretta con la natura.

È lo stesso procedimento che Laura Corre riesce a mettere in atto in queste sue opere: la straordinaria capacità di rappresentazione di ciò che non si vede ma che si sente. Probabilmente sarà per il fatto che Laura con Leonardo condivide – è proprio il caso di dirlo – una simbiosi più che totale, grazie sia alla magia di essere nata e cresciuta nei suoi stessi luoghi nativi, sia alla sua conoscenza approfondita, certo inusuale per un artista ma per lei incredibilmente valorizzante, maturata nel corso di anni di studio. Con la serie “Sottopelle”, infatti, è lei stessa ad affermare che le è interessato “dipingere ciò che sta sotto la pelle delle donne. La pelle rappresenta, sia fisicamente che emotivamente, il confine tra noi e gli altri. È ciò che ci separa e collega al tempo stesso al mondo esterno, è ciò che ci rende esseri incarnati. [N.B. è questa la parola che lei stessa ha utilizzato collegandosi così proprio al magnifico disegno di Leonardo di cui parlavo in apertura] Un confine in parte apparente, perché in realtà siamo permeabili alle sostanze e agli stimoli esterni nelle nostre relazioni con gli altri. Dipingo corpi di donne come fossero contenitori e veicoli di emozioni, pensieri, storie”. È un lento, pausato e necessario, lavoro di cronaca il suo: Laura racconta storia di donne continuamente, storie da ascoltare, storie su cui riflettere, storie che ci appartengono. È ancora lei a mostrarci che le sue immagini valgono come un viaggio sotto la superficie dicendo “Ci sono moti interiori che lasciano trasparire un flebile bagliore attraverso lo sguardo o i movimenti delle mani. Ma cosa c’è oltre il corporeo, il materiale? A volte vorrei bucarla, trafiggerla questa pelle, percorrere i sentieri delle vene alla ricerca della sede delle emozioni e dei pensieri, in stomaco cuore gola occhi, dei sentimenti e dell’anima”. Un viaggio dunque che Laura vorrebbe permettere ad ogni donna: un viaggio al centro di sé stesse. È infatti un messaggio universale quello che lei stessa ci racconta: “Ho dentro di me tante immagini di donne, centinaia di volti e di corpi, devo solo tirarle fuori e farle vivere. Racconto storie di donne che si ribellano a stereotipi e pregiudizi: uno sguardo femminile e femminista che mira a ‘liberare’ il corpo della donna dal male gaze e dalla visione maschilista che lo vede come mero oggetto erotico. La nudità fisica e psicologica è simbolo di libertà da vincoli corporei, mentali e culturali, e riappropriazione di sé stesse”. 

Su questa scia, si muove anche la serie del “trucco sbaffato” come se fosse un canto alla libertà di essere sé stessa anche all’interno di una società che oggi ci vorrebbe tutte uguali e omologate a uno stereotipo di bellezza ora irraggiungibile, ora raggiungibile alzando o abbassando l’asticella estetica senza mai chiedersi ‘ma io come voglio apparire?’ Tenendo conto che ogni donna potrà vedersi come più deciderà di essere: donna in carriera, studiosa, mamma, casalinga, segretaria, politica, senza che la sua identità, la sua bellezza, la sua anima ne risultino scalfite. La serie del “trucco sbaffato” sugli occhi, sulle labbra e sui denti, infatti, esplora il tema delle donne in equilibrio precario nella vita: significa non riuscire e/o non volere essere all’altezza delle aspettative, ma viceversa volere essere intenzionalmente un simbolo di imperfezione in una società che vuole in maniera irrealistica donne “belle ed efficienti”.

Il progetto “IG girls”, elaborato tra il 2016 e il 2018, prevedeva la realizzazione di ritratti di donne conosciute su Instagram. Lo scopo era realizzare ritratti contemporanei attraverso una tecnica classica come la pittura a olio utilizzando come muse profili di donne appartenenti all’era digitale dove Laura afferma che “sommersi da milioni di immagini, scelgo quelle ‘da salvare’ su tela, costruendoci sopra una nuova storia: l’immagine originale viene rielaborata e affiancata da parole e hashtag ‘dipinti’”. Si crea un contrasto: da un lato la pittura ad olio che impone un lavoro di precisione nella pittura, dall’altro un lavoro di selezione che porta il processo artistico ad essere interessante anche da un punto di vista verbale e sinottico. In un’era dove tutto è veloce, Laura dice che la sua scelta la porta a ‘salvare un’immagine’ come se a lei bastasse un ‘click’ a renderla un’opera d’arte. La prerogativa di poter salvare un’immagine – e dunque, nello stesso tempo, immortalare e valorizzare – è una prerogativa naturalmente riservata solo a lei. Laura si mostra anche in questo caso un’artista sensibile e raffinata, che, leggendo sotto pelle, riesce a creare una sua sacra iconografia scegliendo, tra milioni di immagini quella perfetta a saper dire e a comunicare un messaggio, un’idea, una emozione ricorrendo spesso a caratteristiche anticonvenzionali e accattivanti, fuori dagli schemi. Questa serie di dipinti è stata esposta in numerose mostre e ha catalizzato l’attenzione di molti critici vincendo il secondo premio nel concorso internazionale di pittura a Terni nel 2017 con la seguente motivazione: “un interessante progetto pittorico concettuale, collegato agli ultimi mass media, anche se del tutto intuitivo, viene ricondotto dentro un rigore formale che evidenzia eleganza e padronanza di una tecnica pittorica evoluta”.

Laura osa. Laura osa levarsi dal coro di una sterile omologazione e come sempre le immagini valgono più di mille parole e discorsi vuoti: sono un monito duraturo, colorato e delicato di una denuncia, come quella che ritroviamo nel progetto artistico-sociale “#quellache. Storie di donne contro i pregiudizi”, che con 25 ritratti e relative storie di stereotipi di genere ha girato la Toscana legando, come scrisse Eugenio Giani in occasione della mostra a Firenze, “L’arte all’impegno sociale e politico nel senso più nobile del termine”.

Laura questo impegno lo conduce sempre in prima persona: con le sue ragazze e donne ma soprattutto anche con una serie di tre autoritratti nelle quali lei si raffigura a mezzo busto e associata a una spilla con la perla nell’atto di pungersi e due frasi latine come “Noli me tangere” e “Aut tacere aut loquere meliora silentio”. È proprio quest’ultima frase che serve da chiave di lettura: Laura recupera un autoritratto di Salvator Rosa che si raffigura su uno sfondo tempestoso con la stessa scritta nel 1645. Il motto “Taci, a meno che il tuo parlare non sia meglio del silenzio” è attribuito a Pitagora dallo scrittore macedone Giovanni Stobeo e rappresenta una norma di comportamento fondamentale. Il silenzio, infatti, è lo stesso che caratterizza il momento di sospensione prima che la bella spilla buchi il dito affusolato di Laura proprio per – è proprio il caso di dirlo – andare sotto pelle. Ed ecco il dipinto che è mostrato in questa mostra con il cartiglio “Noli me tàngere/Non mi toccare” in riferimento all’episodio biblico dell'apparizione di Gesù risorto a Maria Maddalena, narrato nel vangelo di Giovanni e che sanciva tra i due personaggi una distanza pur nella vicinanza dei due corpi, sottolineando così la loro appartenenza a due sfere diverse: l’umano e il divino, il sacro e il profano, la morte e la vita. Il dipinto determina in realtà la sospensione di qualsiasi pregiudizio e quindi ricorrere al silenzio e dunque alla contemplazione, ripercorrendo perfettamente il tema della sua ricerca.

Questo determina anche la necessità di offrire una riflessione sull’apparenza – o meglio sull’apparire – usando il verbo, che determina l’applicazione in fieri dell’idea diventando così un processo – all’interno di questa società. Infatti, la serie “Self/non-self” esplora il tema del doppio espresso in particolare al rapporto psiche-corpo. È un progetto caro a Laura come lei stessa confida: “Il progetto è nato nell’estate 2022, in seguito alla diagnosi di una malattia autoimmune. Il fatto che il mio sistema immunitario non riconosca più parti del mio corpo come me stessa ma come ‘altro da me’ e mi attacchi, mi ha portato a riflettere ancora sul concetto di identità del sé, sia da un punto di vista psicologico che fisico. La serie raffigura due donne molto simili ma con particolari diversi, in atteggiamento pensoso, minaccioso o rassicurante. Due parti distinte di una stessa unità, uno sdoppiamento espresso a più livelli: psicologico, privato/sociale, io/es, mente/corpo, anticorpi/autoanticorpi, sé/percezione del sé”. Il doppio è dunque esplorato con indulgenza e delicatezza restituendoci lo sguardo che accarezza stati d’animo e pensieri in maniera intima e privata.

Non solo belle immagini, ma spunti profondi di riflessione: l’arte si pone al servizio dell’uomo riscoprendo la nobiltà del suo messaggio.

In ogni opera, Laura con un bagaglio di emozioni e con un occhio esperto ed amorevole verso le sue creature artistiche ma anche tagliente verso la società, descrive il mondo femminile attraverso una carrellata di ritratti, luminosi, estemporanei e veritieri, le cui pennellate magistrali e veloci descrivono universi a sé stanti raccontando attraverso belle immagini alcune storie di donne. Così è il tocco di Laura: leggero, delicato, vero. Un tocco capace anche di farsi carico di un valore quando esso diventa una presa di posizione di critica sociale. Un tocco capace di trasmettere emozione e farsi pensiero che arriva leggero agli occhi dello spettatore insinuandosi, così come affermano le sue opere, SOTTO PELLE diventando materia vivente. Non siamo forse noi donne – universi fragili e forti, delicati e sfrontati, in pace e in guerra, gentili e tenaci – che ci riflettiamo nelle sue opere come se queste fossero degli specchi capaci di metterci a nudo e di riflettere la nostra anima fonte unica della bellezza di ognuno di noi?

 

Sara Taglialagamba, storica dell’arte

Agosto 2024

 

 

“You cannot grasp the interior even with the help of the most powerful lenses. You have to approach it internally, on tiptoe ... "* Being able to reach our interiority or that of those next to us is almost impossible. We can touch it, feel it but not penetrate it deeply. There are inner motions that allow a faint gleam to shine through in the eyes, movements or words. We can use a mirror to peer into our thoughts. But what is there beyond the corporeal, the material? Many thinkers and artists have spent their entire lives searching for this. And perhaps Laura Corre starts from these questions to give life to a cycle of works, portraits and self-portraits, in which what immediately catches the eye is the constant search for the other and beyond oneself. Women portrayed in their intimacy, naked body and psychologically stripped, immersed in domestic environments or portrayed in empty spaces, Laura Corre paints the many facets of the female world, giving it a repertoire full of suggestions and charm. They are not figures that live "for themselves or in themselves", but are the fruit of the elaboration of the memory that moves them and makes them alive. In the construction of the painting nothing appears real: the perspective seems altered, the physical space manipulated, the cuts risky. Everything appears filtered through what much of the twentieth century literature has defined as the “Stream of Consciousness”, that flow of inner consciousness in which thoughts, free to flow, outline emotions, feelings and passions. And it is precisely through this flow of thoughts that Laura Corre makes the imaginary visible.

* Gustav Janouch, Conversations with Kafka. 

Giovanni Masiello for the Galleria La Bottega dell'Angelo, Ostuni. March 20121

I believe that in the figurative arts, especially in realism, it is possible to recognize the first and most powerful manifestations of human interiority.

In Laura Correggioli's art, feelings, emotions, visions, glimpses of current events are expressed that in an overwhelming way send us messages, symbols, stimuli that activate our mind, our thoughts, our heart.

The human subject, animated in his body and in his gestures, almost always female, is the protagonist of these works where the symbolic language communicates to the observer messages of a time that seems to slip through our hands.

The artist's skill in drawing and pictorial rendering gives these paintings a realism capable of transmitting the human feeling between joys and pains in the incessant passage of time.

In Laura's painting, everything speaks to us about itself in a perspective that goes towards infinity.

Faced with these works, the observer meditates and reflects, immersed in an indefinite space where spatial and temporal references exist, but they seem to have no intrinsic and real value of their own.

The objects are in fact assembled in a context generated by the artist's creative ability. The mind thinks, organizes and re-elaborates ideas, images, sensations and memory creates on things that veil of humanization worthy of anything that has now acquired a soul, it is the very soul of the artist who is transposed onto it. .

Everything speaks to us about itself, it tells us about its path, the hours, the minutes, the seconds that made it grow old and that inevitably brought it closer and closer to man, to the one or to those who used it, that if they used it. These objects, these details, represent small pieces of a large and mysterious puzzle that is none other than our own life, full of doubts, questions to which there is probably no answer, perhaps there are many or perhaps we are not given to know. The questions run through the infinite paths of the human while, in a cyclical condition of time where everything repeats itself, where the past acts as a teacher for those who understand it, where everything has a beginning and an end, where the essence of every thought transposed into art is imbued with immortality, has the strength to never die, also of

enrich one's neighbor, witness of a future humanity, albeit different, but always and in any case characterized by that substratum of phenomena and circumstances that will never cease to exist.

In the darkness of this mystery of ours there is light and in Laura's works it comes from afar to caress things, objects, to kiss nature, the fertile earth and make the waters of the springs shine, illuminating the essence of things.

The observer is led up to the discovery of the beyond, of that revelation that during our journey of life seems to break into our soul without even asking for permission.

An art that does not necessarily propose the search for answers, but the emergence of questions, questions, in order to give meaning to

our short existence, questions that will never end, to which man cannot fail to take them into consideration. An infinite art, because its interpretations and interpretations are infinite.

Man is made of his past, a legacy that seeks to be useful to the dark future that peeps out.

So what is the present?

What is man? What is the sense of being, of what surrounds us, of what we savor and experience every day?

In the profound observation of these works, our senses are immersed in an assembly of ideas where each of them is testimony of an existence, of a lived experience. An art that invites us not to allow ourselves to be conditioned by the static nature of objects since they live and accompany man along his path of life. Paintings imbued with the human presence, are characterized by it since it is itself living inside everything, every detail, every detail.

The human presence is also you observer who immerse your soul in these spaces always characterized by a path, a road, a direction. But what's yours? Perhaps yours, as well as that of others, turns out to be the sum of every small gesture, choice or non-choice made.

Basically we are the fruit of what exists around us from which we receive, to which we give.

 

Ambra Grieco

Art critic

December 2017

If we look for the meaning of prejudice, we discover that it is defined as an "unfavorable or hostile attitude towards other people which, in addition to the characteristics of superficiality and undue generalization, also presents characteristics of rigidity, generalization ... and resistance to verify its relevance and consistency". When we talk about it in relation to the problems of coexistence with people of other ethnic groups, we define xenophobia and racism. But if racial prejudice is unfortunately present in our societies - and in this sense even more visible and, perhaps, contractable - it is much more subtle and difficult to eradicate what the beautiful exhibition by Laura Correggioli tells us about, deservedly supported by the Equal Commission. Opportunity of Tuscany. These are prejudices against women in their expression, in their being or in what, according to a certain limited way of thinking, is their defect or limitation. Here is the woman who is discriminated against because she had a child early, or because she had too many or, on the contrary, because she didn't have any at all; or the woman who is too beautiful to have made a career only with her own abilities or who is too creative and therefore certainly inconclusive. And we could go on. The common thread always refers to the etymology of the word described at the beginning: hostile, superficial and generic attitudes, but which create great suffering and injustice.

I am therefore extremely grateful to the artist for having had the determination to carry out this project that binds art to social and political commitment in the noblest sense of the term, which is greatly needed in this period.

But Laura Correggioli's will could not have been revealed if she had not met the courage of the women who have offered their faces and their stories in the service of this idea. To the latter, all of us, we must extend our most sincere thanks with the commitment to never make them feel discriminated against again.

Eugenio Giani

President of the Regional Council of Tuscany

Stereotypes and prejudices run through our lives as women and gender equal opportunities, beyond declarations of principle, struggle to find correspondence in reality. Thus also our country lags behind despite the undeniable progress made by women, especially in recent decades, in terms of acquiring civil rights or in social and economic models. The violence and discrimination still present in our society are the direct consequence of this retreat which is affected by centuries of male-dominated and patriarchal culture. To spread the principles of equal opportunities and overcome the prevarications that our social fabric is still full of, Laura Correggioli has undertaken an interesting cultural and artistic project that has found the total interest of the Regional Equal Opportunities Commission which I have the honor and the burden of preside. Interest also gained following the presentation of this work, with a high also symbolic value, made by my colleague Siliana Biagini whom I sincerely thank for her great attention and constant collaboration. The artist, in the beautiful works exhibited here, joining words and images faces the theme of identity, its construction and how others see us. The protagonists are "real" women but with significant stories, who have suffered some prejudice related to their way of being for life choices, professional, physical appearance or age. Women aware of the stereotype in which society would like to enclose them. Many innovative images, in a roundup enhanced by the topicality of the topic touched upon: how to build identity in the digital age and how to deal with social problems linked to violence and discrimination.

Rosanna Pugnalini

President of the Regional Commission for Equal Opportunities

Women like many, who want to live their dreams, women who defend their freedom to choose "who" to be, women who do not want to be different from what they feel in the soul and who sometimes suffer, but fight against prejudices and the stereotypes that still prevail in the mental and social culture of our time. Here, this is what I saw in #quellache, the pictorial path of the portraits of Laura Correggioli.

#quellache debuted in Montecatini Terme for a beautiful case, the encounter with his self-portrait "Noli me tangere", exhibited in the Town Hall on the occasion of the Day for the Elimination of Violence against Women on November 25, 2017. From there I proposed Laura to set up an exhibition that would highlight the experience of women, to underline the difficulties that unfortunately affect their human, social and personal fulfillment despite the apparent gender equality achieved. In March 2018 the first stage of the #quellache project was organized in the Town Hall of Montecatini Terme with the first ten portraits of women and their stories that speak of stereotypes and prejudices.

Portraits of real women, different from each other but all a symbol of the beauty of the female soul and of how tiring it is to make it emerge, accept, recognize.

I can only say to Laura to continue her pictorial adventure, an example of visual analysis, and I hope that #quellache can become the reference in the art of all of us, because in every painting we find a little of each of us.

Siliana Biagini

President of the Commission for Equal Opportunities of Montecatini Terme

Laura Correggioli turns her exhibition into a manifesto. And a manifesto, to be credible, must be an awareness switch. It is so right from the title, #quellache, a phrase that claims to categorize in a clear, precise and general way realities that are instead multifaceted and unique.

It is of course a provocation that wants to shake from the torpor of indifference. Labels are handy. They claim to summarize complex realities in a few elements. Labels are dangerous. They open the door to distrust and discrimination. Even worse, they push us to believe that our truth about others is the only valid one, turning people into the quote we make of them.

So this path through images and words proposed by Laura invites us to reflect critically on prejudice, especially when it cages women between the bars of social stereotypes. It is a direct, immediate proposal, without filters except that of the pictorial technique chosen by the artist, his stylistic code. His clear and almost surgical outlining of faces and details, without ever falling too far into the pure figurative. Because Laura knows that any image, however faithful it may be, is never reality. A bridge design is not the bridge. And it is on this difference, this gap, that she works. The views we have of others are always partial. And they should never be mistaken for absolute and universal realities.

Here every single female universe is represented through a real container, consisting of a portrait, a life story and a socio-cultural consideration. A mix that is like lightning, capable of suddenly illuminating consciences and nailing us to all the times we have been locked up in a definition or branded with a label. Above all, when we have done it too superficially in turn, giving way or justifying unfounded opinions, pillories, intolerance and prevarications. Every time we have defined a she of our daily newspaper as “#quellache”, we are certain to have her truth in your pocket.

Laura herself goes beyond (not surprisingly) the typical definition of "painting", enriching the canvas, the outlines and the colors with a narrative that amplifies the meanings released in the first place by the canvas. An augmented truth. The words here are not explanatory captions, but additional branches that open new windows. They provoke reflection and range from examples of concrete life to which each of us is a witness or a protagonist.

In doing so, L aura honors what should in fact be an urgency for artists. That "social mandate" which is the implicit delegation that the public grants to the artist, to create works with a symbolic value for the entire community of reference. A social representation of feelings, collective languages and symbolic identity values that, starting from the detail of a work or a thematic path, spaces towards wide-ranging phenomena.

In this exhibition, portrait by portrait, we literally look in the face a series of prejudices, the wrong opinions that are shattered in the face of the actual reality of things, a reality that reminds men of the natural limitation of their experiences and therefore to always evaluate well and fund before shooting (metaphorically and not, as unfortunately the news teaches us) definitive sentences and without appeal.

Monia Baldacci Balsamello

Critic and editorial consultant

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