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Laura Corre. Sotto pelle

 

 Sul verso di un suo famoso e discusso disegno, noto con il nome di Angelo incarnato, Leonardo riportava tre celebri parole scritte in lingua greca – “astrapen, bronten, ceraunobolian” ossia il lampo, il tuono e il temporale – tratte dal racconto di Plinio nel Naturalis Historia relativo alla capacità di Apelle di rappresentare l’invisibile in pittura. Sul recto era, invece, raffigurata una creatura angelica sfacciatamente itifallica ma immortalata nelle seducenti sembianze e nella fissità gestuale del San Giovanni Battista del Louvre. La bellezza sfrontata ma magnetica del recto veniva nobilitata sul verso da queste tre parole che erano da riferire al parallelo tra lo scoppio inarrestabile di un temporale e lo scoppio della passione amorosa. In senso lato, tuttavia, queste parole, oltre a suonare se lette ad alta voce come una sorta di incantesimo, sono a lui strettamente funzionali poiché grazie a queste egli si auto-celebrava come un novello Apelle perché capace di raffigurare l’invisibile – o meglio, ciò che non si può rappresentare – in gara diretta con la natura.

È lo stesso procedimento che Laura Corre riesce a mettere in atto in queste sue opere: la straordinaria capacità di rappresentazione di ciò che non si vede ma che si sente. Probabilmente sarà per il fatto che Laura con Leonardo condivide – è proprio il caso di dirlo – una simbiosi più che totale, grazie sia alla magia di essere nata e cresciuta nei suoi stessi luoghi nativi, sia alla sua conoscenza approfondita, certo inusuale per un artista ma per lei incredibilmente valorizzante, maturata nel corso di anni di studio. Con la serie “Sottopelle”, infatti, è lei stessa ad affermare che le è interessato “dipingere ciò che sta sotto la pelle delle donne. La pelle rappresenta, sia fisicamente che emotivamente, il confine tra noi e gli altri. È ciò che ci separa e collega al tempo stesso al mondo esterno, è ciò che ci rende esseri incarnati. [N.B. è questa la parola che lei stessa ha utilizzato collegandosi così proprio al magnifico disegno di Leonardo di cui parlavo in apertura] Un confine in parte apparente, perché in realtà siamo permeabili alle sostanze e agli stimoli esterni nelle nostre relazioni con gli altri. Dipingo corpi di donne come fossero contenitori e veicoli di emozioni, pensieri, storie”. È un lento, pausato e necessario, lavoro di cronaca il suo: Laura racconta storia di donne continuamente, storie da ascoltare, storie su cui riflettere, storie che ci appartengono. È ancora lei a mostrarci che le sue immagini valgono come un viaggio sotto la superficie dicendo “Ci sono moti interiori che lasciano trasparire un flebile bagliore attraverso lo sguardo o i movimenti delle mani. Ma cosa c’è oltre il corporeo, il materiale? A volte vorrei bucarla, trafiggerla questa pelle, percorrere i sentieri delle vene alla ricerca della sede delle emozioni e dei pensieri, in stomaco cuore gola occhi, dei sentimenti e dell’anima”. Un viaggio dunque che Laura vorrebbe permettere ad ogni donna: un viaggio al centro di sé stesse. È infatti un messaggio universale quello che lei stessa ci racconta: “Ho dentro di me tante immagini di donne, centinaia di volti e di corpi, devo solo tirarle fuori e farle vivere. Racconto storie di donne che si ribellano a stereotipi e pregiudizi: uno sguardo femminile e femminista che mira a ‘liberare’ il corpo della donna dal male gaze e dalla visione maschilista che lo vede come mero oggetto erotico. La nudità fisica e psicologica è simbolo di libertà da vincoli corporei, mentali e culturali, e riappropriazione di sé stesse”. 

Su questa scia, si muove anche la serie del “trucco sbaffato” come se fosse un canto alla libertà di essere sé stessa anche all’interno di una società che oggi ci vorrebbe tutte uguali e omologate a uno stereotipo di bellezza ora irraggiungibile, ora raggiungibile alzando o abbassando l’asticella estetica senza mai chiedersi ‘ma io come voglio apparire?’ Tenendo conto che ogni donna potrà vedersi come più deciderà di essere: donna in carriera, studiosa, mamma, casalinga, segretaria, politica, senza che la sua identità, la sua bellezza, la sua anima ne risultino scalfite. La serie del “trucco sbaffato” sugli occhi, sulle labbra e sui denti, infatti, esplora il tema delle donne in equilibrio precario nella vita: significa non riuscire e/o non volere essere all’altezza delle aspettative, ma viceversa volere essere intenzionalmente un simbolo di imperfezione in una società che vuole in maniera irrealistica donne “belle ed efficienti”.

Il progetto “IG girls”, elaborato tra il 2016 e il 2018, prevedeva la realizzazione di ritratti di donne conosciute su Instagram. Lo scopo era realizzare ritratti contemporanei attraverso una tecnica classica come la pittura a olio utilizzando come muse profili di donne appartenenti all’era digitale dove Laura afferma che “sommersi da milioni di immagini, scelgo quelle ‘da salvare’ su tela, costruendoci sopra una nuova storia: l’immagine originale viene rielaborata e affiancata da parole e hashtag ‘dipinti’”. Si crea un contrasto: da un lato la pittura ad olio che impone un lavoro di precisione nella pittura, dall’altro un lavoro di selezione che porta il processo artistico ad essere interessante anche da un punto di vista verbale e sinottico. In un’era dove tutto è veloce, Laura dice che la sua scelta la porta a ‘salvare un’immagine’ come se a lei bastasse un ‘click’ a renderla un’opera d’arte. La prerogativa di poter salvare un’immagine – e dunque, nello stesso tempo, immortalare e valorizzare – è una prerogativa naturalmente riservata solo a lei. Laura si mostra anche in questo caso un’artista sensibile e raffinata, che, leggendo sotto pelle, riesce a creare una sua sacra iconografia scegliendo, tra milioni di immagini quella perfetta a saper dire e a comunicare un messaggio, un’idea, una emozione ricorrendo spesso a caratteristiche anticonvenzionali e accattivanti, fuori dagli schemi. Questa serie di dipinti è stata esposta in numerose mostre e ha catalizzato l’attenzione di molti critici vincendo il secondo premio nel concorso internazionale di pittura a Terni nel 2017 con la seguente motivazione: “un interessante progetto pittorico concettuale, collegato agli ultimi mass media, anche se del tutto intuitivo, viene ricondotto dentro un rigore formale che evidenzia eleganza e padronanza di una tecnica pittorica evoluta”.

Laura osa. Laura osa levarsi dal coro di una sterile omologazione e come sempre le immagini valgono più di mille parole e discorsi vuoti: sono un monito duraturo, colorato e delicato di una denuncia, come quella che ritroviamo nel progetto artistico-sociale “#quellache. Storie di donne contro i pregiudizi”, che con 25 ritratti e relative storie di stereotipi di genere ha girato la Toscana legando, come scrisse Eugenio Giani in occasione della mostra a Firenze, “L’arte all’impegno sociale e politico nel senso più nobile del termine”.

Laura questo impegno lo conduce sempre in prima persona: con le sue ragazze e donne ma soprattutto anche con una serie di tre autoritratti nelle quali lei si raffigura a mezzo busto e associata a una spilla con la perla nell’atto di pungersi e due frasi latine come “Noli me tangere” e “Aut tacere aut loquere meliora silentio”. È proprio quest’ultima frase che serve da chiave di lettura: Laura recupera un autoritratto di Salvator Rosa che si raffigura su uno sfondo tempestoso con la stessa scritta nel 1645. Il motto “Taci, a meno che il tuo parlare non sia meglio del silenzio” è attribuito a Pitagora dallo scrittore macedone Giovanni Stobeo e rappresenta una norma di comportamento fondamentale. Il silenzio, infatti, è lo stesso che caratterizza il momento di sospensione prima che la bella spilla buchi il dito affusolato di Laura proprio per – è proprio il caso di dirlo – andare sotto pelle. Ed ecco il dipinto che è mostrato in questa mostra con il cartiglio “Noli me tàngere/Non mi toccare” in riferimento all’episodio biblico dell'apparizione di Gesù risorto a Maria Maddalena, narrato nel vangelo di Giovanni e che sanciva tra i due personaggi una distanza pur nella vicinanza dei due corpi, sottolineando così la loro appartenenza a due sfere diverse: l’umano e il divino, il sacro e il profano, la morte e la vita. Il dipinto determina in realtà la sospensione di qualsiasi pregiudizio e quindi ricorrere al silenzio e dunque alla contemplazione, ripercorrendo perfettamente il tema della sua ricerca.

Questo determina anche la necessità di offrire una riflessione sull’apparenza – o meglio sull’apparire – usando il verbo, che determina l’applicazione in fieri dell’idea diventando così un processo – all’interno di questa società. Infatti, la serie “Self/non-self” esplora il tema del doppio espresso in particolare al rapporto psiche-corpo. È un progetto caro a Laura come lei stessa confida: “Il progetto è nato nell’estate 2022, in seguito alla diagnosi di una malattia autoimmune. Il fatto che il mio sistema immunitario non riconosca più parti del mio corpo come me stessa ma come ‘altro da me’ e mi attacchi, mi ha portato a riflettere ancora sul concetto di identità del sé, sia da un punto di vista psicologico che fisico. La serie raffigura due donne molto simili ma con particolari diversi, in atteggiamento pensoso, minaccioso o rassicurante. Due parti distinte di una stessa unità, uno sdoppiamento espresso a più livelli: psicologico, privato/sociale, io/es, mente/corpo, anticorpi/autoanticorpi, sé/percezione del sé”. Il doppio è dunque esplorato con indulgenza e delicatezza restituendoci lo sguardo che accarezza stati d’animo e pensieri in maniera intima e privata.

Non solo belle immagini, ma spunti profondi di riflessione: l’arte si pone al servizio dell’uomo riscoprendo la nobiltà del suo messaggio.

In ogni opera, Laura con un bagaglio di emozioni e con un occhio esperto ed amorevole verso le sue creature artistiche ma anche tagliente verso la società, descrive il mondo femminile attraverso una carrellata di ritratti, luminosi, estemporanei e veritieri, le cui pennellate magistrali e veloci descrivono universi a sé stanti raccontando attraverso belle immagini alcune storie di donne. Così è il tocco di Laura: leggero, delicato, vero. Un tocco capace anche di farsi carico di un valore quando esso diventa una presa di posizione di critica sociale. Un tocco capace di trasmettere emozione e farsi pensiero che arriva leggero agli occhi dello spettatore insinuandosi, così come affermano le sue opere, SOTTO PELLE diventando materia vivente. Non siamo forse noi donne – universi fragili e forti, delicati e sfrontati, in pace e in guerra, gentili e tenaci – che ci riflettiamo nelle sue opere come se queste fossero degli specchi capaci di metterci a nudo e di riflettere la nostra anima fonte unica della bellezza di ognuno di noi?

 

Sara Taglialagamba, storica dell’arte

Agosto 2024

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“Non si può cogliere l’interiorità neppure con l’aiuto delle lenti più potenti. Bisogna avvicinarla interiormente, in punta di piedi…”*

Riuscire a raggiungere la nostra l’interiorità o quella di chi ci sta affianco è quasi impossibile. Possiamo sfiorarla, avvertirla ma penetrarla a fondo no. Ci sono moti interiori che lasciano trasparire un flebile bagliore attraverso lo sguardo, i movimenti o le parole. Possiamo servirci di uno specchio per scrutare in fondo ai nostri pensieri. Ma cosa c’è oltre il corporeo, il materiale? Molti pensatori ed artisti hanno speso una vita intera nella ricerca di questo. E forse Laura Corre parte proprio da questi interrogativi per dar vita ad un ciclo di opere, ritratti ed autoritratti, in cui quello che subito balza all’occhio è la costante ricerca dell’altro e dell’oltre da sé. Donne ritratte nella loro intimità, nude fisicamente e denudate psicologicamente, immerse in ambienti domestici o ritratte in spazi vuoti, Laura Corre dipinge le molteplici sfaccettature del mondo femminile regalandone un repertorio ricco di suggestioni e fascino. Non sono figure che vivono “per sé o in sé”, ma sono il frutto dell’elaborazione della memoria che le muove e rende vive. Nella costruzione del dipinto nulla appare reale: la prospettiva sembra alterata, lo spazio fisico manipolato, i tagli azzardati. Tutto appare filtrato attraverso quello che molta letteratura del Novecento ha definito lo “Stream of Consciousness”, quel flusso di coscienza interiore in cui i pensieri, liberi di fluire, delineano emozioni, sentimenti e passioni. E proprio attraverso questo flusso di pensieri Laura Corre rende visibile l’immaginario.

*Gustav Janouch, Conversazioni con Kafka.

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Giovanni Masiello per la Galleria La Bottega dell'Angelo, Ostuni.

marzo  2021

 

 

 

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Ritengo che nelle arti figurative, in particolar modo nel realismo sia possibile ravvisare le prime e più potenti manifestazioni dell'interiorità umana. 

Nell'arte di Laura Correggioli si esprimono sentimenti, emozioni, visioni, squarci di attualità che in modo prorompente ci inviano messaggi, simboli, stimoli che attivano la nostra mente, i nostri pensieri , il nostro cuore.

Il soggetto umano, animato nel suo corpo e nella sua gestualità, quasi sempre femminile,   è protagonista di tali opere dove il linguaggio simbolico comunica all'osservatore messaggi propri  di un tempo che sembra sfuggirci fra le mani.

L'abilità dell'artista nel disegno e nella resa pittorica dona a questi quadri un realismo capace di trasmettere il sentimento umano fra gioie e dolori nell'incessante trascorrere del tempo.

Nella  pittura  di  Laura ogni  cosa  ci  parla  di  sè  in  una prospettiva che va verso l'infinito.

Di fronte a tali opere, l'osservatore medita e riflette, immerso in uno spazio indefinito dove esistono riferimenti spaziali e temporali, ma essi sembrano non avere  una loro valenza intrinseca e reale. 

Gli oggetti sono infatti assemblati in un contesto generato dall'abilità creativa dell'artista. La mente pensa, organizza e rielabora le idee, le immagini, le  sensazioni e la memoria  crea  sulle  cose  quel velo di umanizzazione  degno  di  qualsiasi  cosa  che  ha  ormai  acquisito un'anima, è la stessa anima dell'artista che si traspone su di esso. 

Ogni cosa ci parla di se, ci racconta il suo percorso, le ore, i minuti, i secondi che  lo  hanno  fatto  invecchiare  e  che  lo  hanno  inevitabilmente avvicinato sempre di più all'uomo, a colui o a coloro che lo hanno utilizzato,  che  se  ne  sono  serviti.  Questi  oggetti,  questi  particolari, rappresentano piccoli pezzi di un grande e misterioso puzzle che altro non è che la stessa nostra vita, piena di dubbi, interrogativi ai quali probabilmente non esiste una risposta, forse ne esistono molteplici o forse non ci è dato sapere. Le domande percorrono gli infiniti sentieri  della mentre umana, in una condizione ciclica del tempo dove tutto si ripete, dove il passato funge da maestro per chi lo sa capire, dove ogni cosa ha un inizio ed una fine, dove l'essenza di ogni pensiero trasposto nell'arte è intrisa di immortalità, ha la forza di non morire mai, altresì di

arricchire il prossimo, testimone di una futura umanità, seppur diversa, ma sempre e comunque caratterizzata da quel substrato di fenomeni e di circostanze che non cesseranno mai di esistere.

Nel buio di questo nostro mistero vi è luce e nelle opere di Laura essa giunge da lontano per accarezzare le cose, gli oggetti, per baciare la natura, la fertile terra e far brillare le acque delle sorgenti illuminando l'essenza delle cose. 

L'osservatore  è  condotto  sino  alla  scoperta  dell'oltre,  di  quella rivelazione che durante il nostro cammino di vita sembra irrompere nel nostro animo senza nemmeno chiedere il permesso.

Un'arte che non si propone necessariamente la ricerca di risposte, ma lo scaturire di domande, interrogativi, allo scopo di dare un senso alla

nostra breve esistenza, domande che non avranno mai fine, a cui l'uomo non  può  esimersi  di  prenderle  in  considerazione.  Un'arte  infinita, perché infinite sono le sue chiavi di lettura, le sue interpretazioni. 

L'uomo è fatto del suo passato, un'eredità che cerca di essere utile all'oscuro futuro che fa capolino. 

Ma allora cos'è il presente? 

Cos'è l'uomo? Qual è il senso dell'essere, di ciò che ci circonda, di ciò che ogni giorno assaporiamo, viviamo?

Nell'osservazione profonda di tali opere, i nostri sensi vengono immersi in un assemblaggio di idee dove ognuna di esse è testimonianza di  un'esistenza,  di  un  vissuto.  Un'arte  che  invita  a  non  lasciarsi condizionare  dalla  staticità  degli  oggetti  poiché  essi  vivono  e accompagnano l'uomo lungo il suo cammino di vita. Quadri intrisi  della presenza umana,  ne sono caratterizzati poiché essa stessa risulta vivere dentro ogni cosa, ogni particolare, ogni dettaglio.

La presenza umana sei anche tu osservatore che immergi il tuo animo all'interno di questi spazi caratterizzati sempre da un percorso, una strada, una direzione. Ma qual è la tua? Forse la tua, come del resto anche quella degli altri risulta essere la somma di ogni piccolo gesto, scelta o non scelta compiuta. 

In fondo siamo il frutto di ciò che esiste intorno a noi da cui riceviamo, a cui doniamo.

                                                      

Ambra Grieco

Critica d’arte

Dicembre 2017

Se andiamo a cercare il significato di pregiudizio, scopriamo che è definito come un “atteggiamento sfavorevole od ostile verso altre persone che, oltre ai caratteri di superficialità e indebita generalizzazione, presenta anche caratteristiche di rigidità, generalizzazione... e resistenza a verificarne pertinenza e coerenza”. Quando se ne parla in rapporto ai problemi di convivenza con persone di altre etnie, ecco che definiamo la xenofobia e il razzismo. Ma se il pregiudizio razziale è purtroppo presente nelle nostre società - e in questo senso anche più visibile e, forse, contrastabile – è molto più subdolo e difficile da estirpare quello di cui ci racconta la bella mostra di Laura Correggioli, sostenuta meritoriamente dalla Commissione Pari Opportunità della Toscana. Si tratta dei pregiudizi contro le donne nel loro esprimersi, nel loro essere o in quello che, secondo un certo modo limitato di pensare, è un loro difetto o limite. Ecco perciò la donna che è discriminata perché ha avuto un figlio presto, oppure perché che ne ha avuti troppi o, al contrario, perché non ne ha avuti per niente; ovvero la donna troppo bella per aver fatto carriera solo con le proprie capacità o che è troppo creativa e quindi sicuramente inconcludente. E si potrebbe continuare. Il filo conduttore rimanda sempre all’etimologia della parola descritta all’inizio: atteggiamenti ostili, superficiali e generici, ma che creano una grande sofferenza ed ingiustizia.

Sono quindi estremamente grato all’artista per aver avuto la determinazione di realizzare questo progetto che lega l’arte all’impegno sociale e politico nel senso più nobile del termine, cosa di cui c’è grande necessità in questo periodo. 

Ma la volontà di Laura Correggioli non si sarebbe potuta palesare se non avesse incontrato il coraggio delle donne che hanno offerto i propri volti e le proprie storie al servizio di questa idea. A quest’ultime, tutti, dobbiamo porgere i nostri più sinceri ringraziamenti con l’impegno a non farle mai più sentire discriminate.

 

Eugenio Giani

Presidente del Consiglio regionale della Toscana

Stereotipi e pregiudizi attraversano la nostra vita di donne e le pari opportunità di genere, al di là delle dichiarazioni di principio, faticano a trovare corrispondenza nella realtà. Così anche il nostro Paese resta indietro nonostante gli innegabili progressi fatti dalle donne, soprattutto negli ultimi decenni, in termini di acquisizione di diritti civili o nei modelli sociali ed economici. Le violenze e le discriminazioni ancora presenti nella nostra società sono la diretta conseguenza di tale arretramento che risente di secoli di cultura maschilista e patriarcale. Per diffondere principi di pari opportunità e superare le prevaricazioni di cui è ancora infarcito il nostro tessuto sociale Laura Correggioli ha intrapreso un interessante progetto culturale e artistico che ha riscontrato il totale interesse della Commissione regionale pari opportunità che ho l’onore e l’onere di presiedere. Interesse maturato anche in seguito alla presentazione di tale lavoro, dall’alto valore anche simbolico, fatta dalla collega Siliana Biagini che ringrazio di cuore per la sua grande attenzione e per la sua costante collaborazione. L’artista, nelle belle opere qui esposte, affiancando parole e immagini affronta il tema dell’identità, della sua costruzione e di come ci vedono gli altri. Protagoniste sono donne “vere” ma con storie significative, che hanno subito un qualche pregiudizio legato al loro modo di essere per scelte di vita, professionali, per aspetto fisico o età. Donne consapevoli dello stereotipo in cui la società vorrebbe racchiuderle. Tante immagini innovative , in una carrellata impreziosita dall’attualità del tema toccato: come costruire l’identità nell’era digitale e come affrontare le problematiche sociali legate alla violenza e alle discriminazioni.

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Rosanna Pugnalini

Presidente Commissione regionale Pari Opportunità

Donne come tante, che vogliono vivere i loro sogni, donne che difendono la propria libertà di scegliere “chi” essere, donne che non vogliono essere diverse da ciò che sentono nell'anima e che a volte soffrono, ma lottano contro i pre- giudizi e gli stereotipi che imperano ancora nella cultura  mentale e sociale del nostro tempo.              Ecco, questo è ciò che io ho visto in #quellache, il percorso pittorico dei ritratti di Laura Correggioli.  

 

#quellache ha esordito a Montecatini Terme per un bellissimo caso,  l’incontro con il suo  autoritratto “Noli me tangere”, esposto in Municipio in occasione della Giornata per l’eliminazione della  violenza contro le donne il 25 novembre 2017. Da lì ho proposto a Laura di allestire una mostra che mettesse in luce il vissuto delle donne, per rimarcare le difficoltà che purtroppo incidono sulla loro realizzazione umana, sociale e personale nonostante l’apparente parità di genere raggiunta.                 Nel marzo 2018  è stata organizzata nel Palazzo comunale di Montecatini Terme la prima tappa del progetto #quellache con i primi dieci  ritratti di donne e le loro storie che parlano di stereotipi e pregiudizi.

Ritratti di donne vere, diverse fra loro ma tutte simbolo della bellezza dell'animo femminile e di come sia faticoso farla emergere, accettare, riconoscere.

A Laura posso solo dire di proseguire nella sua avventura pittorica, esempio di analisi visiva, e mi auguro che #quellache possa diventare il riferimento nell'arte di noi tutte, perché in ogni quadro ritroviamo un po' di ciascuna di noi.

 

Siliana Biagini

Presidente Commissione per le Pari opportunità di Montecatini Terme

Laura Correggioli fa della sua mostra un manifesto. E un manifesto, per essere credibile, deve essere un interruttore di consapevolezza. Lo è fin dal titolo, #quellache, locuzione che pretende di catalogare in modo netto, preciso e generale realtà che invece sono sfaccettate e uniche. 

È naturalmente una provocazione che vuole scuotere dal torpore dell'indifferenza. Le etichette sono comode. Pretendono di sintetizzare in pochi elementi realtà complesse. Le etichette sono pericolose. Aprono la porta a diffidenza e discriminazione. Ancor peggio, ci spingono a credere che la nostra verità sugli altri sia l'unica valida, trasformando le persone nella citazione che facciamo di loro. 

Ecco allora che questo percorso per immagini e parole proposto da Laura ci invita a riflettere in modo critico sul pregiudizio, in particolar modo quando ingabbia le donne tra le sbarre degli stereotipi sociali. È una proposta diretta, immediata, senza filtri se non quello della tecnica pittorica scelta dall'artista, la sua cifra stilistica. Quel suo tratteggiare chiaro e quasi chirurgico volti e dettagli, senza mai scadere troppo nel puro figurativo. Perché Laura sa che ogni immagine, per quanto fedele possa essere, non è mai la realtà. Il disegno di un ponte non è il ponte. Ed è su questa differenza, questo scarto, che lei lavora. Le visioni che abbiamo degli altri sono sempre parziali. E non andrebbero mai scambiate per realtà assolute e universali.

Qui ogni singolo universo femminile viene rappresentato attraverso un vero e proprio contenitore, costituito da un ritratto, una storia di vita e una considerazione socio-culturale. Un mix che è come un lampo, capace di illuminare di colpo le coscienze e inchiodarci a tutte le volte che siamo stati rinchiusi in una definizione o bollati con un'etichetta. Soprattutto, a quando troppo superficialmente lo abbiamo fatto a nostra volta, dando il via o giustificando opinioni infondate, gogne, intolleranza e prevaricazioni. Ogni volta che abbiamo definito una lei del nostro quotidiano “#quellache”, certi di avere la sua verità in tasca.  

Laura stessa va oltre (non a caso) la definizione tipica di “quadro”, arricchendo la tela, i contorni e i colori con una narrazione che amplifica i significati sprigionati in prima battuta dalla tela. Una verità aumentata. Le parole qui non sono didascalie esplicative, ma diramazioni ulteriori che aprono nuove finestre. Provocano la riflessione e spaziano negli esempi di vita concreta di cui ognuno di noi è testimone o protagonista.

Così facendo, Laura rende onore a quella che di fatto dovrebbe essere un'urgenza  degli artisti. Quel “mandato sociale” che è la delega implicita che il pubblico concede all'artista, perché crei opere dotate di un valore simbolico per l’intera comunità di riferimento. Una rappresentanza sociale di sentimenti, linguaggi collettivi e valori simbolici identitari che, partendo dal particolare di un'opera o di un percorso tematico, spazi verso fenomeni ad ampio raggio.  

In questa mostra, ritratto per ritratto, guardiamo letteralmente in faccia una serie di pregiudizi, le opinioni sbagliate che si frantumano di fronte alla realtà effettiva delle cose, una realtà che ricorda agli uomini la naturale limitatezza delle loro esperienze e dunque di valutare sempre bene e a fondo prima di sparare (metaforicamente e non, come ci insegna purtroppo la cronaca) sentenze definitive e senza appello. 

 

Monia Baldacci Balsamello

Critica e consulente editoriale

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